martedì 30 dicembre 2014

Al màt


Al mát
(Testo ed illustrazioni di Claudio Bellato)





Francamente di quelle domeniche ricordo molto poco. Col tempo le stanze accumulano sempre più scartoffie, che dopo un po’ bisogna buttare via .
In realtà ,da qualche tempo ho anche smesso di raccoglierle.
Ovviamente come molti di voi sapranno, questo è anche un metodo per non dargliela vinta.

Il prete ci raccontava la storia dell’indemoniato e
i suoi pollici erano rivolti all’ indietro come sempre.
Le sue guance ed il suo naso avevano quel bel colore rosso che hanno certi gnomi nei libri delle fiabe , o più semplicemente di chi sta per ore al caldo della stufa, bevendo qualche bicchiere di vino

” Gesú disse:” Spirito immondo esci da quest’uomo!”
Gesú gli domandò :” Qual è il tuo nome?” Egli gli rispose:” Il mio nome è legione perché siamo molti” E lo pregava con insistenza che non lo mandasse via dal paese.
” Non mandarci via ! Qui stiamo bene!”
C’era là un gran branco di porci che pascolava sul monte.
I demoni lo pregarono dicendo:”Mandaci nei porci perché entriamo in essi”
Egli lo permise loro . Gli spiriti immondi,usciti entrarono nei porci,perché entriamo in essi” Egli lo permise loro. Gli spiriti immondi usciti entrarono nei porci, e il branco si gettò giù a precipizio nel mare.

Il prete fece una pausa , abbassando la testa, poi fissando un punto imprecisato della folla disse:” Quante volte chiediamo nella nostra vita…Signore , non mandarci via…Qui si sta bene!
Ma quale è il prezzo che ci chiede satana?”

Fu durante una delle lunghe pause dell’omelia che sentii quel grido.
Se chiudo gli occhi lo sento ancora adesso.
L’uomo che aveva gridato avanzava verso il tabernacolo camminando tra le due file di panche.
Aveva un cappotto color cammello che puzzava di muffa e di merda.
Il volto rugoso era avvolto da una barba ispida e bianca.
Dall’enorme cranio quasi calvo penzolavano unti, i pochi e lunghi capelli che stavano incollati alle orecchie ed al bavero del cappotto .
Raaah! Gaaah!” Urlava.
Si fregava le grosse mani bianche, e ci guardava ridendo.
Poi le sue dita bitorzolute dalle lunghe unghie gialle indicarono il prete.
Disse anche qualcosa che non ricordo.
Pregai che uscisse .Dissi a bassa voce” Signore, fa che non mi tocchi …Lo so che sbaglio e faccio sempre un sacco di casini,ma TI GIURO che sarò più buono!”
Non avrei voluto ascoltarlo così come non si riesce ad ascoltare la risposta di qualcuno ad una domanda imbarazzante.


“ Non ascoltatelo! Non ascoltatelo!” Disse il vecchio prete.
Dietro di lui i chierichetti ridevano e si davano gomitate.

Poi venne la raccolta delle elemosine,ed il brusio attenuò le sue grida.
Dopo un po’non si sentì più nulla.  Il matto se ne era andato .

A casa raccontai tutto a mia madre che versando il brodo nel piatto
sentenziò:”Mo sì !Al iera un mát e basta! At a vist un mát.”

Qualcuno mi aveva raccontato che i matti nell’antichità venivano bruciati
dalla chiesa ,perché venivano scambiati per indemoniati, o forse perché era necessario sacrificare qualcuno ,per mettere in guardia i fedeli sulla presenza del diavolo.
Tuttavia quando morivano nessuno vedeva porci  ,ma restava solo una gran puzza di bruciato.

 Forse quell’ uomo era stato mandato lì per dire qualcosa al prete, o anche a me.
Ma che cosa di preciso non saprei,forse lo poteva sapere il prete che è morto da molti anni.
Le nostre vite sono attraversate da migliaia di messaggi misteriosi, che spariscono come le bottiglie verdi che dormono sui fondali dell’oceano.

Rividi quell’uomo ancora qualche volta,o era qualcuno che gli assomigliava.
D’estate o di inverno portava il cappotto il cappello o la sciarpa e aveva l’ aria di un tisico .
Qualcuno che non ricordo, disse che era un ingegnere caduto in disgrazia.
Spesso ripenso a lui ,e a tutti gli altri matti del paese…A Berto che gridava forza Juve giorno e notte.
Qualcuno diceva che gli era scoppiata una bomba vicino quando era piccolo.

A Ivano che beveva fino a quando gli si glassavano gli occhi e gridava che gli avevano portato via i bambini, e la sua voce si perdeva nelle notti di quegli inverni ormai lontanissimi.








martedì 4 novembre 2014


La veglia

(Sogno di Cecina)

(Racconto ed illustrazioni  :Claudio Bellato)






Bussano alla porta.
Chi sarà ?
Dalla mia finestra solo un soffio di vento, una piccola piazza vuota ed  illuminata da una lampada che danza nel vento e in lontananza una  musica, ma non si sa da dove venga .
Le onde bagnano il muro.
La spiaggia è fatta da sassi.
Bussano alla porta ,ma quando apro non c’è nessuno .
C’è solo il soffio del vento
Il portiere dell’albergo se ne è andato e i miei vicini non li conosco.
Davanti a me solo il corridoio vuoto.
Cammino in silenzio e scalzo per non farmi sentire, e arrivo fino al primo piano .
Mi acquatto sul pianerottolo per non farmi vedere.
Nel salone sento parlare,una lingua che non conosco, una lingua fatta di suoni .
L’ orchestrina suona il vecchio  i saremo più"e e sono pieni di occhi , guardano me, ma non sembrano interessati ,guardano in ognivalzer viennese .
La porta a vetri e aperta , e le onde del mare arrivano fino al bancone della hall.
C’è un uomo con la testa di pietra e, una donna con i capelli blu cobalto che il vento fa danzare intrecciandoli .
Li guardo.. arrivano fino al soffitto .
Vedo una donna dagli occhi bianchi.
Un uomo dalla mascella enorme  beve e getta il bicchiere alle sue spalle  .
Ripete questo gesto,e dice: “Es wird a Wein sein, und mir wer'n nimmer sein!
Più in là c’è un uomo dalla sguardo buono e dagli enormi occhi azzurri si sorregge con un bastone .
Il sesto è un tizio con occhiali da aviatore ed una strana muta di gomma rossa.
 Ha una cresta sul capo ed  apre la bocca in continuazione, il suo naso è una proboscide lunghissima .

Dopo un po’ mi accorgo che  queste creature sono sorrette da fili , e si muovono sulla scacchiera dell’enorme pavimento ,occupando a turno una piastrella sempre diversa.
Chi li muova è difficile dirlo ,perchè dal soffitto altissimo non si vede niente ,solo buio.
I fili sono tentacoli di un verde abbagliante e sono pieni di occhi , guardano me, ma non sembrano interessati ,guardano in ogni luogo.
Sento un fruscio alle mie spalle , mi giro con il cuore in gola.
Un uomo in ginocchio dietro di me,ha visto tutta la scena. Lo riconosco , è il mio vicino di stanza. Ha la barba di tre giorni e un baschetto blu ,di quelli che usavano i contadini una volta . Mi guarda  e posa una mano sulla mia spalla.

“Non se hapisce na seha !”Dice.
Lo guardo con il cuore in gola per lo spavento.
Lui mi guarda e dice “ L’ he meglio he ritorniamo dentro !”

Entriamo dentro,ciascuno nella propria stanza, salutandoci in silenzio,con un gesto della mano.
Ci lasciamo alle spalle quella festa assurda. Io getto ancora un occhio alle mie spalle, vedendo quei tentacoli che guizzano lungo la tromba delle scale.

Poi ricordo solo un vortice di luci e di ombre ed  il mio risveglio.

“È stato un sogno !” Continuo a ripetermi a bassa voce…
E mentre mi dimenavo per divincolarmi da non so che,ho battuto un piede contro il letto,e mi sono risvegliato a causa del dolore.
Guardo il soffitto , e mi rendo conto di non essere in casa mia,ma nella stanza che ho sognato.
Poi tutto mi diventa chiaro .

Ieri mattina sono arrivato in questo posto.
Il mio vicino di stanza ha consegnato i documenti subito dopo di me.
Ma non ha un cappello da contadino,né tanto meno un accento toscano.

Dalla mia finestra vedo una piccola piazza vuota, illuminata da una lampada che danza nel vento appesa ad un filo .
Ma non si sente musica in lontananza ,come nel mio sogno.

Cosa ci sia là fuori ,io non lo so.
Esco dalla mia stanza ed attraverso il lungo corridoio.
I  miei piedi sfiorano il soffice tappeto rosso. Piccole luci fioche illuminano le porte.
Chi c’è lì dentro?
Io non lo so.
Arrivo nel salone,e guardo il soffitto altissimo e buio .
Dalla porta a vetri posso vedere la spiaggia di sassi e le onde del mare altissime.
Ma non si sentono valzer viennesi come nel mio sogno.
Né si vedono donne con capelli blu, o uomini con la faccia di pietra.

Sono solo.
Solo come sempre.
Ma non ne faccio un dramma.

Chi ci sia in questo albergo,io non lo so .
So solo che in questo momento stanno tutti dormendo.
Un filo sottile collega i loro corpi, con tutti gli altri corpi la fuori.
I muri e le barriere non esistono più,tutti dormono sulla terra fredda ,sotto ad un cielo nero, come è stato e come sempre sarà,dal tempo in cui fu deciso.
Io sono stato chiamato a vegliare su di loro ,o almeno così mi piace pensare.

Ma come potrò essere utile ?
Cosa sono io per loro ?
Come potrei impedire qualsiasi cosa al padrone delle loro vite?
Io sono solo una guardia disarmata ,e quello che accade ora è un segreto che nessuno potrebbe svelarmi.

E allora aspetto il mattino e resto a guardarti.
Io sento il tuo respiro che va e che viene ,come le onde del mare, e lo custodisco dentro di me, come se fosse il bene più prezioso.
Anche il piccolo Tondo fa vibrare i suoi baffi, forse immerso in un sogno di agguati e vibrisse,che faticherebbe a spiegarmi domani mattina.

Ed è in notti come queste che penso a tutti i cari amici che sognano.
Penso a P. ed alla sua casetta nel bosco, dove ora i tassi danzano alla luce della luna, come non farebbero mai davanti a lui .
Penso a G. che ha preparato il pranzo per domani ed ora riposa nella sua guardiola ,mentre l’aria là  fuori profuma di minestra e di nebbia.

Penso anche agli ultimi sogni che mio padre avrebbe voluto raccontarmi .
Ma io non c’ero mai.
Io non avevo tempo di ascoltarlo ,perché ero troppo impegnato nelle mie imprese solenni,e nella frequentazione degli imbecilli di ogni ordine e grado (una delle mie specialità)

Penso al profumo della sua giacca,quando ritornava a casa ,e chiudo gli occhi.
Sono su questo terrazzo ,ed ho le mani appoggiate sul balcone.

Resto qui a guardarti ,mentre tutti sognano, sulla terra fredda ,sotto a questo cielo nero.
E penso a tutte queste cose.






lunedì 13 ottobre 2014

IL CAVALIERE SUL BAULE


IL CAVALIERE SUL BAULE

(Sogno del settembre 2014)

Testo ed illustrazioni:Claudio Bellato.






“E nelle case vuote con la loro polvere ,con i libri con i loro pianoforti chiusi ,con i loro armadi bianchi e i vestiti buttati come stracci,con i suoi matrimoni, con i figli lontani ,con i pianti e i funerali,che  il ricordo prende vita ,e in sogno arrivano  luoghi mai visti e  prendono  forma, come rivolta ad un Dio silenzioso ,creando territori che diventano una patria della quale sei tu il solo padrone .Tu il re bambino.”
Claudio Bellato o uno stronzo qualunque- 1992 circa.



“Io sono uno che  molti anni fa ha implorato una vita che non gli spettava,pur sapendo che aveva una possibilità su un milione di onorare il proprio debito,quel prestito gli è stato concesso.
Ora che il tempo massimo è scaduto, e non c’è più nessuna proroga…”

Questo mi diceva Alfredo dal suo letto d’ospedale una domenica di fine estate a Milano . In una stanza deserta dove poco prima mi accomodava un magro medico in barbetta grigia e occhi sottili da pesce annoiato che richiuse abbassando il capo, dopo avermi guardato per un  istante.
“ Non ti agitare” gli dissi.
Il sudore gli bagnava la fronte ,scendendo sui baffoni scuri. Poco dopo si riaddormentò .
Fuori i lunghi palazzi color marrone caldo gettavano le loro ombre sulle strade deserte.
Dove erano finiti tutti? Inghiottiti dalle ferie? O da qualche strano morbo?
Un gatto sfrecciava dentro ad un tombino…Da un palazzo udii  un suono. Come una radio lontana.
Richiusi la porta dietro di me.
Scesi le scale dell’ ospedale, ma non c’era nessuno. Strade bianche con manifesti sgualciti mi parlavano di fiere ormai passate da mesi. Testimoniavano la vita apparente di una città abbandonata. Siepi e corrimano arrugginiti ,svoltavano su palazzi dai colori caldi,dove generazioni si erano consumate. 
Ma di loro che ne era stato?
Erano usciti dalla città per entrare in altri luoghi .
Alla fermata della metropolitana non c’era nessuno, luci blu e rumori di interferenze radio. Salgo e finalmente qualcuno si vede. E’ un branco di ragazzi che si tirano gli zaini da un lato all’altro dello scompartimento, poi la battaglia prosegue con gli sputi. Ci siamo solo noi, io mi siedo e mi afferro alla sbarra lasciandomi scivolare dolcemente.
Li guardo, assomigliano a mio figlio.

Mi sveglio lunedì mattina ,scendo al bar e tutti sono allegri,commentano la notizia del giorno. Qualcosa di grosso e straordinario sta sconvolgendo il paese, cerco di accaparrarmi un quotidiano, ma tutti gli avventori sono fiondati sui tre giornali disponibili nel bar. Non mollano la presa, io cero di allungare la testa, ma subito uno di loro mi guarda in cagnesco…Cerco di farmi spiegare il fatto, ma più il tipo cerca di descrivere la cosa ,più le sue parole diventano incomprensibili.
Tutti si arrabbiano ,ridono, esclamano, battono i pugni sul tavolo ,ed infine si tranquillizzano.
La barista mi guarda “Tutto bene?” Mi fa. “Sì” gli rispondo,sorridendo.
Il caffè ha un buon sapore. Da fuori qualcuno mi saluta ridendo ,e mi chiede qualcosa, ma il vetro che ci separa mi impedisce di capire le sue parole.. Cerco di spiegargli che non riesco a sentirlo e allora  lui alza le spalle in segno di rassegnazione e se ne va via tutto allegro.

Uscendo penso a quel vecchio che avevo conosciuto in Russia molti anni prima. Aveva perso tutto ,anche la fede negli uomini,ma trascinava il suo carretto di oggetti usati ogni mattina nei mercati rionali ,camminando per ore. La vicinanza della gente lo faceva sentire vivo, anche se non conosceva nessuno di loro.

La notte sognai, avevo faticato a prendere sonno, mia moglie si era rigirata molte volte. Sudavo . Aprivo e richiudevo gli occhi in continuazione e nella penombra vedevo o credevo di vedere ombre e colori.
Nel sogno vidi le due vecchie zie che lavoravano a maglia in quella calda giornata di fine agosto,sembravano non vedermi,la veglia funebre era già terminata e dalla finestra si poteva vedere l’argine con la sua erba verde e luminosa e l’aia dove razzolavano le galline vicino alle pannocchie distese al sole. Ogni tanto il cielo veniva solcato dalla scia bianchissima di un aereo.

Al bordo dell’aia stava il vecchio baule della signora Bellini .
 Lei che aveva dovuto svendere tutto per fare fronte ai debiti di gioco del figlio,mentre il marito era stato chiuso in manicomio.
Nessuno era mai riuscito ad aprire  il vecchio baule. Il lucchetto e le cerniere erano ormai completamente arrugginiti,ed erano diventati tutt'uno con il baule stesso. Chiesi da mangiare ,ma nessuno mi sentiva,e fu allora che decisi di uscire.

 Salii sul baule a cavalcioni e dopo un po’ sentii ribollire sotto alle mie natiche,si alzò un mulinello di polvere che diventò sempre più ampio,e dopo un po’ faticavo a vedere tutte le cose intorno a me .
Gridai per la paura ,ma no riuscivo a staccarmi.
Stavo volando!
Il baule cominciò a prendere quota e si alzava per aria con me a cavalcioni. Ero già arrivato al tetto della casa e continuavo a salire sempre più in alto. Ora l’enorme aia bianca era soltanto un piccolo quadratino bianco che si stagliava sotto al cielo azzurro.
Con dei piccoli movimenti dei polpacci riuscivo a dirigere il baule nella direzione che volevo e mano a mano che salivo il mio corpo diventava sempre più leggero e mi sentivo sempre più tranquillo.
Nell’aia giù in fondo cominciavo ad intravedere alcuni puntini neri, e così mi decisi a scendere di quota.
 I puntini ora aumentavano di dimensione insieme al brusio da loro prodotto.
Erano persone. C’erano le zie, i nonni, i miei compagni di fabbrica e di scuola. Erano buona parte delle persone che avevo conosciuto nella mia vita. I vivi e i morti.
Si abbracciavano ed erano felici. Le loro risate mi giungevano da una distanza infinita.
Chiamai i loro nomi,ma nessuno mi sentiva. Come avrei voluto essere lì con loro ,finalmente avrei potuto nuovamente incontrarli tutti.
“Hei! Oooooooooh! “Gridavo.
Solo uno girò la testa. Era Alfredo.
Mi guardava e sorrideva. “ Tirami giuuuu!”Gridai.
Mi guardò indicandosi le orecchie con il pollice e l’indice,poi ruotando i polsi fece il segno di chi non sente.
Gridai ancora più forte  “Aiutoooo! Alfredoooo!”
Ma lui mi guardò per un istante ,poi alzò le spalle in segno di rassegnazione .
Distolse lo sguardo da me e ricominciò a parlare ed abbracciare tutti gli altri.
Avevo l’impressione che tutti gli altri non mi sentissero ..
“ Non puoi lasciarmi così! Io sono l’unico che ti è venuto a trovare quando stavi male!”
Niente da fare! Mi ignorava. Dalla casa uscì un vortice di vento che trascinò con se ogni genere di cose.
Di colpo il cielo sopra di me si fece nero come il carbone,e calò un grande silenzio. Il vento portò a me aromi di legna bruciata e tutti i mille odori dell’inverno .
“ Che strana sensazione” pensai  .Mi sentivo come quando da ragazzo dovevo consegnare un compito senza averlo terminato.

Dal mio cuore era sparita la paura. Sarebbe durato per sempre?

Guardai sotto,ormai Alfredo e gli altri erano dei puntini neri nello spazio bianco.
Sapevo che non li avrei rivisti. L’aria fresca mi carezzava facendomi dimenticare questi pensieri.
Un gruppo di strani uccelli piccoli e coloratissimi ,si posò sul baule.
“ Hei ! Bamboni ! Siete venuti a trovarmi?” Dissi ,carezzando la pancia bianca e morbida di uno di loro. I suoi occhi erano pieni d’amore.

In lontananza intravedevo montagne e luoghi meravigliosi avvolti dal velo della notte e da odori stupendi . Ma la consistenza di queste cose,io non la saprei descrivere con le parole ...
Qualcuno di là mi stava aspettando.
Ritornò la gioia dell’attesa che provavo da bambino e che ormai avevo quasi dimenticato.
Prendevo quota e mi stavo perdendo quando capii che non sarei ritornato mai più.



venerdì 5 settembre 2014

Amici#1


Amicizia #1

(Testo e disegni :Claudio Bellato)



La chiamata:C.Bellato.





“Si capitava in un bar…:così il (c’era una volta )investe la propria vita e la piega  ,riluttante al ricordo”
MANLIO SGALAMBRO
Del Pensare breve

Un pavimento di mattoni rossi, la tettoia ricoperta di edera rampicante. Questo era il terrazzo.
Da lì si muovevano alcuni individui in braghe corte e bermuda,armati di ghiaccioli di varia foggia, i loro discorsi erano progetti improbabili e cambiavano  a seconda della formazione: duo ,trio, quartetto. Ovviamente le formazioni ridotte erano le migliori.
Già allora si squadravano a distanza studiandosi con diffidenza ,come sarebbe accaduto più di trent’anni dopo,fra quarantenni bolsi intenti a divorar salsicce umbre alla piastra, parlando di alta macelleria e muffa sui cornicioni.
Domanda:( Ma si può diventare mostri simili?)
Risposta:( Purtroppo sì.)

Il primo ricordo che ho a tal proposito è una voce che chiama il mio nome da un cortile.
Sono le due dopo pranzo circa ,ho appena finito i compiti, e sul tavolo ci sono alcuni numeri di Alan Ford. Nella cucina c’è una sedia a sdraio e a fianco una stufa a kerosene. Nella casa del mio amico , i mobili sono belli ,le sedie sono belle , ci sono scrivanie ed impianti stereo hi-tech.
Un profumo di sigaro toscano invade la stanza. In ogni angolo ci sono oggetti interessanti.
Libri,dischi,pipe ,lavagnette,quadri,macchine fotografiche, enciclopedie,numeri di Urania  ,ed altre leccornie …Roba mai vista.
Se penso agli oggetti,credo che l’amicizia ed il suo bisogno siano anche fortemente legati alla fuga dalla casa e dalle cose che la abitano.

Qualche tempo fa un caro amico,a proposito del suo amico di infanzia, mi ha detto “ La prima volta che ho messo piede in casa di […] tutti si sorridevano ,ed ho pensato :Wow! Una casa dove non si litiga!”

Quando sei un bambino ,la casa è il tuo mondo anzi, tutto quello che accade in quelle quattro mura (E’) il mondo. Uscirne fuori rivela sorprese inaspettate . Si arriva ad averne bisogno.
Riuscite a rivedere il vostro dito sul campanello?

Oggi che gli oggetti li ho mangiati, ingeriti, digeriti e vomitati, inclusi ed preclusi.
Quello che cerco in una persona è qualcosa che mi possa arricchire, o altrimenti la ricerca di un testimone che confermi la mia esistenza. Attività che include la ricerca di superstiti a volte distanti tra loro centinaia di Km. 

“Insieme all’amico spezziamo il pane,facciamo mille atti,l’adorabile tempo ci conduce”
MANLIO SGALAMBRO
Amici

Mangiare insieme ,ecco qualcosa che mi stava sfuggendo,dietro alla masticazione,c’è molto di più di quanto appare,se frugo a ritroso,scopro la voglia di condividere, il pane, la pasta, il vino, il caffè e milioni di sigarette.
A tavola non si può tacere. Le parole ed il cibo raddoppiano il piacere, spezzano il silenzio di mille cene accompagnate solo dal rumore delle forchette sui piatti e dai telequiz del corradone.
A proposito:( Come cazzo abbiamo potuto lasciare che la televisione entrasse così prepotentemente nelle nostre vite con quegli eroi subnormali ,che oggi vengono incensati e descritti da Rai storia come il modello di una televisione bella e pulita che non c’è più,ma che in realtà già allora gettava le solide basi della merda nella quale razzoliamo ora.)



Di sera tornavo da Milano ed entravo nella mia casetta. Sul tavolo c’era un pezzo di frittatina e qualche pezzo di focaccia lasciata da mia madre. Da quello stesso terrazzo dove una dozzina d’anni prima venivo chiamato da altri.
Un amico mi chiamava. Dividevamo quella frittata, si faceva il caffè e si fumava per ore.
Già allora non vivevo nel presente . Non godevo di quella presenza e di quelle discussioni, istante per istante,così come si dovrebbe fare.
Ogni meditazione è solitaria , lo ha detto Renè Descartes che non è un Claudio Bellato qualsiasi. Con le discussioni si arriva poco lontano…

Spesso, da quei discorsi(specie in quelli tenuti da gruppi superiori a due individui) non nasceva niente di concreto,un po’ come nelle puntate del Maurizio Costanzo Show. Erano un bollettino di guerra realizzato da tre o quattro reporter,che raccontavano le proprie imprese con farcitura di balle colossali. Ricordo bene un tale che sosteneva di avere il numero di telefono del papa, ad una nostra richiesta di ridimensionamento, abbassò il tiro dicendo che conosceva qualcuno che lo possedeva… Questo per dirne una.

Lo sfaldamento dei gruppi avveniva per causa delle passioni( la musica) o l’ amore.
Non ci si poteva portare dietro il gruppo perché non si potevano condividere alcune passioni per ovvi motivi. Alcuni tuttavia tagliavano definitivamente. Mi risultano ancora operativi in tal senso a distanza di quasi trent’anni. Tipi. Ci si incontrava a distanza di anni ,ma i discorsi erano assai generici,si adottavano le buone maniere e la discrezione, ma nelle nostre testoline si facevano i conti. Ci si squadrava a distanza.
Uno di loro mi ha telefonato a distanza di anni ( la scena avviene nel parcheggio di un autogrill , una sera di inverno poco prima di  Natale)
Che cosa ne penso di tutta questa storia a distanza di trent’anni.
 Che cosa ne penso?
Se fossi un esperto di questioni teologiche vorrei parlare dell’amicizia come strumento divino nelle nostre esistenze.

L’amicizia  è anche una condizione di bisogno, ma le condizioni di bisogno possono anche terminare.
Credo che molti amici,al pari delle relazioni sociali imposte,servano a farti capire di che cosa non hai bisogno.
A questo punto mi viene in mente un'altra forma di amicizia. Quella con i libri.
L’ambientazione è la stessa, La terrazza di un bar,con l’edera sulla tettoia ,ed i vecchi che giocano a carte.
Il libro che ho tra le mani è una specie di testo scolastico,le parole sono di Kierkegaard, non le ricordo a memoria.
“C’è un momento nell’esistenza di un uomo , in cui egli non può più scegliere,perché gli altri hanno già scelto per lui.”
C’ è anche un momento in cui  un uomo non può scegliere ,nemmeno facendo affidamento sulle proprie attitudini, perché qualche forza oscura mette un veto su di lui, e gli altri non lo riconoscono più per quello che è.
Ma un vecchio amico, ti riconosce sempre, sembra esente da qualsiasi anatema, come gli angeli di Wenders nel Cielo sopra Berlino, l’ amico  vede e riconosce quello che gli altri ,non vedono e non riconoscono. Il tempo non è un nemico dell’amicizia ,mano a mano che purtroppo ci intacca ,rinforza questo sentimento ,che è basato su quello che Manlio chiamava “ Lo statuto del ricordo”
L’aver vissuto poco e tanto insieme eleva i gradi bassi ed alti dell’amicizia ,che puoi ritenere tale solo con chi ha vissuto con te ,e non con il primo venuto, pur se affine alla tua persona.


“Lo statuto dell’amicizia è dato dal ricordo. Ciò che si svolge tra due amici,ha bisogno di essere trascorso per entrare a far parte di questo rapporto. Fin dal momento in cui un amicizia comincia ,i due amici vivono di ricordi.
Non è nemmeno trascorso un istante,che già tra loro si interpone il ricordo, tenero e soffuso….Perchè allora il tempo trascorrerebbe come un inezia? Perché esso non corroderebbe il rapporto? Perché il suo veleno sarebbe impotente?”
MANLIO SGALAMBRO
Del Pensare breve

POSTAFAZIONE
A mò di scusa

Avrei dovuto titolare questo post: Amicizia  (Con ben tre citazioni di Manlio Sgalambro) .
L’abuso di citazioni dichiara(credo) l’amore ed il rispetto per questo grande pensatore. Le cose sono andate così:
 dopo aver ultimato queste righe , mi è ri-capitato in mano la mia copia frusta del pensare breve ,e mano a mano che rileggevo, trovavo frasi del maestro che completavano ed ampliavano il significato di  alcuni di questi miei pensieri  ai quali ho deciso di affiancare le citazioni in questione.

19 /8/ 2014 ore 20:00

Piazza de Ferrari

Genova

Featuring:

Campari con vino bianco.









giovedì 21 agosto 2014

Lettera a P.


Lettera a P.
( Confessione di ritorno con illustrazioni )


di Claudio Bellato




Caro P.,nonostante gli dei abbiano dato disposizioni ben precise riguardo al mio disconoscimento ,esistono sparsi per  il mondo alcuni testimoni che mi riconoscono ancora,forse sono disobbedienti,o forse vivevano fra mura molto robuste al tempo del merdosissimo anatema.
Io sono uno di quelli che cercano i testimoni della propria esistenza ,per completare il puzzle , con pezzi che sono disseminati lungo le strade del mondo,non nella memorie delle mogli ,degli amici o dei più cari fratelli.
I pochissimi testimoni siamo noi,(i vivi e i morti )
Noi sparsi nei boschi, noi sepolti nelle città, noi stenditori di panni su quartieri milanesi,noi eremiti nei boschi.
Oggi ti ho trovato dunque.
Noi oggi ci siamo asciugati le ossa al sole guardando tre radici secche.

E vaffanculo.

Io ritornando a casa finalmente mi convinco che quelle vie piene di liti , di piatti rotti , di amore,di libri ,di nascondini,di sigarette fumate di nascosto,di lucertole morte,di ghiaccioli alla menta, di topolini, di settimane enigmistiche,di tette meravigliose, di padri con le teste a minchia,di nipoti rincoglioniti, di geni della musica ,di amori impossibili, di madri sorde,di vicini vecchi e stupidi, di autobus che si allontanano,di droghe letali, di cenere sul mare ,di milioni di chitarre, di minestre fumiganti,di dischi,di bimbi e bimbe presi a calci dalla vita ,di mostri deformi chiusi in soffitta,di amori creduti veri o forse lo erano veramente.

Ritorno a casa e finalmente mi convinco che quei posti sono veramente esistiti e che non mi trovo sul set di un brutto film tipo fritzlangdenoantri ,dove il personaggio non viene più riconosciuto da nessuno.

Noi siamo i custodi del segreto che non conoscono gli amici ,le madri, le sorelle,ma tutti insieme.
Ti ho domandato che fine hanno fatto i nostri padri e tu mi hai detto che sei stato mio padre milioni di volte ,da tempo senza inizio.

Noi amiamo personcine e fenomeni in continua mutazione,(se io cerco Claudio tra le sue parti ,non lo trovo) ,anche se gli oggetti di tutte le nostre attenzioni fossero immutabili io mi stancherei presto ,così come ci si stanca di una domenica deserta.
Ma non è così ed io continuo a baciare bocche che si dissolvono,e tutti i miei coltelli trafiggono l’aria. Ripensando al nostro incontro,2 cose mi hai fatto capire . La prima non la dirò.
La seconda è questa : L’unica forma di vita possibile è la compassione universale.
Ma quanto dovrò meditare per accedere ad una condizione simile? Per uno che ha sempre e solo pensato allicazzisua non è una cosa da ridere.
Tu mi dici che è possibile,coltivando l’amore giorno per giorno così come abbiamo fatto fino ad ora con l’odio.

È strano,passeggiando vicino al parco dove giocavi da bambino ,ho avuto una illuminazione( mi perdonerai se non so come definirla,non è un pensiero, ma  è più simile ad un immagine)
Noi non moriremo mai.

Io non sto parlando dell’amore che diamo e che ci sopravvive nelle cose e nelle persone.
L’ esistenza spirituale e dell’ amore hanno vite proprie.. o almeno credo.
Questa è una descrizione inutile,perché non si può descrivere quello che uno prova quando viene attraversato da una verità.
È come cercare di descrivere il sapore del miele a chi non lo ha  mai mangiato.

Torno a casa in macchina attraversando la campagna e le colline. Tutto è pervaso da una bellezza che toglie il respiro. I colori dell’erba, del cielo e delle nuvole sono più luminosi del solito,sembrano attraversati da una forza elettrica . Pare di sentire un brusio nell’aria ,negli alberi ,nel cielo e nella terra.
Abbasso i finestrini della macchina e l’aria mi investe.  È forte. Riesco a percepire ogni parte del mio corpo. Mi sento vivo e sono felice


È il 30 Luglio 2014.

C.B.


Le tre Radici


Il Ritorno





mercoledì 13 agosto 2014

Claudio Bellato & OAQ Amico nel vento





CLAUDIO BELLATO  & OAQ- 

NEW  CD -YOUTUBE PREVIEW




Hello everyone.
Allow me to introduce you to a
preview of my latest CD made
​​with Officina acoustic quartet .This
song  on youtube is titled “Amico nel
vento”, and is contained in the cd Albanova  made by me and Officina acustica quartet. If
you like, you can rate it on youtube, share, or simply listen. I hope you enjoy
it. Good listening. Claudio Bellato.

venerdì 25 luglio 2014

MANLIO SGALAMBRO



Ma a Lentini non c’è una minchia…
(Manlio Sgalambro e  i luoghi abitati dalla verità)

Di Claudio Bellato






Spero di non urtare la sensibilità geografica e personale di nessuno ,se ho deciso di adottare per questo mio articolo ,un titolo degno di Ciprì e Maresco ,queste righe sono per me un sincero omaggio ad un uomo di infinito intelletto ,che indirettamente mi ha fatto un gran bene attraverso i suoi libri. Cercate di capire, viviamo in un mondo difficile ,l’ironia è indispensabile per non soffocare .Per quanto riguarda la definizione di Lentini (città che non ho mai visto) svelerò la (non mia )definizione  più avanti nel testo.


Manlio non c’è più,è passato qualche mese. Lo chiamo Manlio dimenticando tutto il rispetto che si dovrebbe portare ad un maestro . Soprattutto nei confronti di un uomo che non ho mai conosciuto. Ma lui è stato per me come un amico.
Il suo pensiero ed i suoi libri mi hanno accompagnato nel bene e nel male sin dall’ autunno del 1994.
E’ una domenica pomeriggio di quell'anno,dal mio mivar marcio la faccia oblunga di Franco Battiato mi scruta . Parla del suo ultimo disco:”l’ombrello e la macchina da cucire”
Con lui c’è l’autore dei testi . Il professor Manlio Sgalambro.
Mi colpisce il testo di una canzone :” Breve invito a rinviare il suicidio  “
Poi il presentatore legge un brano dall’ ultimo libro del professore “Dell’indifferenza in materia di società .

Fa così

“ Che io debba essere governato ,ecco  da dove nasce  lo scandalo della politica. Solo per canaglie e miserabili incapaci di auto governarsi c’è la politica come unica via di scampo .

Compro il libro, che mi farà compagnia ,specie nei miei viaggi in treno. E’ il primo di una lunga serie
Dialogo Teologico
Del pensare breve(quello che ho letto e riletto più di tutti, la mia copia del 1994 sta attaccata con lo scotch)
Trattato dell’empietà
La consolazione
Trattato dell’ età
Ecc.
Li ho tutti ho quasi…
MANLIO IL CONSOLATORE

C’ è stato un periodo della mia vita in cui ho ritenuto la filosofia una soluzione da finale aperto. In totale contrapposizione alla prassi letteraria e cinematografica del finale chiuso.
L’eroe se ne va,campo lungo e titoli di coda, lo spettatore non sa quello che accadrà ,ma il campo delle soluzioni possibili ,resta libero per l’immaginazione.
Un po’ come nei sette messaggeri di Buzzati “ Vado notando come di giorno in giorno,man mano che avanzo verso l’improbabile meta, nel cielo irraggi una luce insolita quale mai mi è apparsa, neppure nei miei sogni”

Durante il lungo cammino verso la conoscenza si può restare soli , ma nonostante il caro prezzo da pagare si continua a pensare .
E anche se  il tentativo di penetrare dentro al meccanismo dell’esistenza non ti salva da quelle fauci, resta sempre una speranza.
La speranza di ciò che non si conosce, ovvero di tutto ciò che non attiene al campo della tua esperienza.
Nella battaglia del pensatore come in ogni guerra che si rispetti non c’ è tempo per i finti problemi.
Si deve salvare la pelle.
Ecco gli elementi consolatori che quelle letture mi davano, la lotta che ti distrae dalla macina dell’esistenza, la speranza di qualcosa che avrei conquistato, e ne aggiungerei un terzo , Il riparo .

Se ripenso a me stesso in quei giorni mi rivedo spesso con in mano uno di quei libri , in un bar ,dal dentista,ogni tanto qualche amico mi chiedeva “Czzzo leggi?”

Quello era anche uno scudo che mi teneva lontano dalle illusioni ,proprio a causa di quello che Manlio diceva sulla società che mi circondava .

Dire che cosa mi ha confortato di un  pensiero (così diverso da ciò che sono e dalle cose che ho bisogno di sentirmi dire) mi risulta difficile, ci proverò qualche riga più avanti.
Anzitutto è necessario precisare che di quello che ho letto avrò capito si e no il 30%,ma questo poco mi ha dato molto.
Soprattutto mi ha incuriosito su altre perle che lui continuamente citava. Schopenauer, Cartesio,Spinoza ,Proust,
Quando mi sono ritrovato a dover preparare una tesina sull'invecchiamento della popolazione (Senilità nell’ ‘epoca della longevità) per la mia qualifica  quasi mai esercitata di operatore socio sanitario, Il suo Trattato dell’ età (Adelphi 1999)si rivelò più utile di qualsiasi saggio sull'invecchiamento della popolazione.
” Il vecchio è orribile perché totalmente occupato dal tempo, “o da questo alcunché”. Perché ghermito dalle sue grinfie, egli lo impone a ciò che lo circonda e chiunque qualsiasi cosa gli capiti, ve lo butta dentro senza misericordia. Egli lo secerne come un liquido, lo espelle come le sue urine.” M.S.
La visione di un tempo immobile totalmente indipendente, ma tuttavia attaccato all ‘individuo.
Un fluido invasore vampiro di corpi da occupare.
Il vecchio come sinonimo del tempo immobile che si incarna in lui completamente.

“Il tempo non passa per lui, il vecchio resta sempre se stesso”
Ci fu un periodo in cui un suo libro fu sempre con me “ La morte del sole”
L’introduzione  memorabile”C’è molto movimento ,ma è un movimento di vermi”

Il ritornello  ricorrente del tempo come processo disgregativo e non in divenire,processo nel quale Dio rivela la sua natura.
La critica alla comunità dei filosofi divenuti ormai scrittori di filosofia.
Medium che fanno parlare gli scheletri di Hegel e di Kant divenuti fantocci mossi dal saggista burattinaio che li fa danzare a inchini e piroette .
Sottoponendo il lettore non al loro, ma al proprio pensiero.
Che cosa mi ha riscaldato il cuore?


LA VERITÀ  E SEMPRE CONTRO



Il pessimismo di Sgalambro,non è un pessimismo cosmico  alla Cioran,ma una ricerca continua della verità che sta dietro alle cose,pur avvertendo il lettore che la verità e sempre contro.
La ricerca della verità come tratto che contraddistingue l’uomo .
La vittoria del pensiero sulle cose inerti.
Ecco per queste cose val bene la pena di vivere un esistenza assurda dove il dado è tratto ,ma si può essere ancora ottimisti .
“ Abbiamo superato l’ottimismo ed il pessimismo,e questo superamento è la noncuranza verso l’uno e  l’altro ,di conseguenza si può essere più sbarazzini e più leggeri.”
Ma anche il tono della sua voce ed il suo sguardo autoritario ,sicuro disincantato,impenetrabile. Il suo accento siciliano fino al midollo plasmato su quella voce roca,tutto sommato antica.
Questo fu un balsamo per me,e per la mia fatica.
La sua voce l’ho ritrovata in Musikanten ,film di  Battiato ingiustamente criticato,ma tuttavia ricco di suggestioni e salti spazio-temporali,dove Manlio  recitava nella parte di un nobiluomo in parrucca .
Ma anche quando cantava (La mer)
Chi l’avrebbe mai detto che quel siciliano così oscuro ed impenetrabile avrebbe saputo mutare in maniera così repentina mostrando tutta la leggerezza che hanno solo i grandi quelli veri, quelli che sanno anche essere leggeri?

Sognavo anche di incontrarlo ,mi sarebbe piaciuto fare quattro chiacchiere con lui ,ascoltare una sua lezione.
Ma questo non avrebbe potuto avverarsi comunque .
Non teneva lezioni o conferenze.
Incontrò il pubblico solo con Battiato.
Maestro di pensiero atipico,non si laureò mai,fece qualche supplenza,quando l’agrumeto ereditato dal padre non bastava più.
Manlio era di Lentini .

Quando lavoravo in un ospizio ,conobbi un vecchi siciliano sdentato, con gli occhi ridotti a due fessure rugose,fissato con le seghe ,con la moglie evangelica e disperata per la sua demenza ,sembrava uscito da un film di Ciprì e Maresco era anche simpatico e buono come quasi tutti i condannati …
Gli chiesi di Lentini.
Così mi disse :” Qualche fabbrica,arance…Ma a Lentini non c’è una minchiaa!”
Così mi disse…A Lentini non c’è una minchia .

Un filosofo che parlava un sacco di lingue e che conosceva alla perfezione migliaia di autori.
Nato non in una grande metropoli,ma come Gorgia nella antica Leontini.
La città dove non c’è una minchia.

Nessun biografo o saggista a venire riuscirà a descrivere Sgalambro così bene, quanto la definizione che lui dà di se stesso nel suo libro (del Pensare breve)
“ L’estrema rinuncia per me ,è la rinuncia alle gioie del pensiero. Strapparmi tutto questo è strapparmi la carne e le viscere.

Sua è una delle più belle poesie sull’amicizia ,
Per non parlare di una paginetta che descrive l’immutabilità del mondo e della natura umana ,con la quale o anche liquidato per iscritto qualche stronzo,senza attribuire la paternità di quelle parole.
 Andatevela a cercare, si trova a pag. 29 Del pensare breve ,il titolo è :Prodigi.

Braibanti diceva che se scavi e scavi intorno al concetto di identità trovi un vuoto, trovi un assenza…Chi lo sa?
Forse un giorno spingendoci ancora un po’ in avanti( come il principe di Buzzati) ,ma non prima di aver perso tutto quello che stava dietro,scopriremo che i luoghi abitati dalla verità sono come la città di Lentini, nell'opinione di quel vecchi siciliano che conobbi in un ospizio.
Un posto dove non c’è una minchia.
E allora li balleremo.
Ciao Manlio.


Il siciliano che conobbi (Io lo ricordo così)







Del pensare breve(la mia copia frusta)



https://www.youtube.com/watch?v=ueti7OXeM-M

AMICI (NON CI SONO AMICI)
































mercoledì 9 aprile 2014


La seconda possibilità
                                                         (Una premessa necessaria)



Testo e disegni di Claudio Bellato






“Sogno una terra spoglia,senza animali, senza tracce di vita .Gli stessi uragani non vi troverebbero avversari,ma, senza contrasto vi passerebbero , come un tenue soffio di vento.”Manlio Sgalambro

Gli domandavano che cosa lo colpisse nell’arte, ma non sapeva rispondere.
Egli non cercava il significato, ma la sola forza delle immagini gli bastava.
Angeli che scendevano nel deserto per visitare uomini con teste di rana . Cattedrali nel deserto , lunghi piani sequenza su paesaggi silenziosi .
 Cose che  non accadono nel mondo reale.
Quel mondo che lo aveva stancato  , non tanto per l’impermanenza ,ma per la ripetitività delle situazioni.

Ecco allora che mondi irreali parevano la promessa di un aldilà che lo avrebbe premiato dopo la noia ed il dolore

Ma forse anche di «là »si sarebbe stancato di rane blu cobalto che sotto ad un cielo scarlatto gli offrivano sigarette indolore, perché era proprio l’idea di ripetizione che lo aveva consumato.
Progettare restava una illusoria aspettativa di qualcosa che non esiste, qualcosa che veniva fabbricato dalle illusioni del mondo reale e che prendeva forma mano a mano che le sue illusioni crescevano.

A volte egli desiderava un luogo come il deserto ,perché in quel luogo non c’erano gli oggetti comperati dai suoi simili.
Oggetti che gli ricordavano tutti i loro fallimenti, le loro speranze e le loro morti.
 Soffriva evidentemente per la sofferenza dei buoni.
Ma chi sono veramente i buoni?
Quelli che il bene lo fanno a te?

E ancora…

Nel suo scarso prodotto da tempo non più doloroso c’era un pioppo gigantesco ,che periodicamente veniva tosato.
Numerosi uomini si mettevano  intorno all'albero, uno saliva e tagliava passando i rami più piccoli agli altri.

Montagne di libri, vecchi pupazzi di fidanzamento, lampade polverose e fotografie.